I luoghi dell’anima

ARGOMENTO: I luoghi dell’anima nella tradizione letteraria.

Dopo aver letto i testi sotto riportati, facendo riferimento anche se vuoi ad altre tue letture, scrivi un
saggio breve sull’argomento in oggetto , da pubblicare su una rivista letteraria o su un sito internet .
Dai un titolo adeguato al saggio e contieni la scrittura in un massimo di 70/ 80 righi.

Chiare, fresche e dolci acque, date udïenza insieme
ove le belle membra a le dolenti mie parole estreme.
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque La morte fia men cruda
(con sospir mi rimembra) se questa spene porto
a lei di fare al bel fianco colonna; a quel dubbioso passo:
erba e fior che la gonna ché lo spirito lasso
leggiadra ricoverse non poria mai in piú riposato porto
co l’angelico seno; né in piú tranquilla fossa
aere sacro, sereno, fuggir la carne travagliata e l’ossa.
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
F. PETRARCA, Il Canzoniere, CXXVI, 1345

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
Ugo Foscolo da “ I sonetti” : “ A Zacinto”

«Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al
cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra
voi, e impresse nella sua mente, non meno che
lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’
quali distingue lo scroscio, come il suono delle
voci domestiche; ville sparse e biancheggianti
sul pendìo, come branchi di pecore pascenti;
addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto
tra voi, se ne allontana!…Addio, casa natìa,
dove, sedendo, con un pensiero occulto,
s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi
comuni il rumore d’un passo aspettato con un
misterioso timore…Addio, chiesa, dove l’animo
tornò tante volte sereno, cantando le lodi del
Signore; dov’era promesso, preparato un rito;
dove il sospiro segreto del cuore doveva essere
solennemente benedetto, e l’amore venir
comandato, e chiamarsi santo; addio!»
A. MANZONI, I promessi sposi, VIII, 1840

«Faceva un caldo che non era scirocco e non era
arsura, ma era soltanto caldo. Era come una mano
di colore data sul venticello, sui muri gialletti
della borgata, sui prati, sui carretti, sugli autobus
coi grappoli agli sportelli. Una mano di colore
ch’era tutta l’allegria e la miseria delle notti
d’estate del presente e del passato. L’aria era tirata
e ronzante come la pelle di un tamburo…Tutto un
gran accerchiamento intorno a Roma,…ma pure
dentro Roma, nel centro della città, magari sotto il
Cupolone: sì proprio sotto il Cupolone, che
bastava mettere il naso fuori dal colonnato di
Piazza San Pietro, verso Porta Cavalleggeri, e
èccheli llì, a gridare, a prender d’aceto, a sfottere,
in bande e in ghenghe intorno ai cinemetti, alle
pizzerie, sparpagliati poco più in là, in via del
Gelsomino, in via della Cava, sugli spiazzi di terra
battuta delimitata dai mucchi di rifiuti dove i
ragazzini di giorno giocano a palla.»
P. P. PASOLINI, Ragazzi di vita, 1955

Il Borgo
Fu nelle vie di questo
Borgo che nuova cosa
m’avvenne.
Fu come un vano
sospiro
il desiderio improvviso d’uscire
di me stesso, di vivere la vita
di tutti,
d’essere come tutti
gli uomini di tutti
i giorni.
Non ebbi io mai sì grande
gioia, né averla dalla vita spero.
Vent’anni avevo quella volta, ed ero
malato. Per le nuove
strade del Borgo il desiderio vano
come un sospiro
mi fece suo.
Dove nel dolce tempo
d’infanzia
poche vedevo sperse
arrampicate casette sul nudo
della collina,
sorgeva un Borgo fervente d’umano
lavoro. In lui la prima
volta soffersi il desiderio dolce
e vano
d’immettere la mia dentro la calda
vita di tutti,
d’essere come tutti
gli uomini di tutti
i giorni.
La fede avere
di tutti, dire
parole, fare
cose che poi ciascuno intende, e sono,
come il vino ed il pane,
come i bimbi e le donne,
valori
di tutti. Ma un cantuccio,
ahimé, lasciavo al desiderio, azzurro
spiraglio,
per contemplarmi da quello, godere
l’alta gioia ottenuta
di non esser più io,
d’essere questo soltanto: fra gli uomini
un uomo.
Nato d’oscure
vicende,
poco fu il desiderio, appena un breve
sospiro. Lo ritrovo
– eco perduta
di giovinezza – per le vie del Borgo
mutate
più che mutato non sia io. Sui muri
dell’alte case,
sugli uomini e i lavori, su ogni cosa,
è sceso il velo che avvolge le cose
finite. Non ebbi io mai sì grande
gioia, né averla dalla vita spero.
Vent’anni avevo quella volta, ed ero
malato. Per le nuove
strade del Borgo il desiderio vano
come un sospiro
mi fece suo.
Dove nel dolce tempo
d’infanzia
poche vedevo sperse
arrampicate casette sul nudo
della collina,
sorgeva un Borgo fervente d’umano
lavoro. In lui la prima
volta soffersi il desiderio dolce
e vano
d’immettere la mia dentro la calda
vita di tutti,
d’essere come tutti
gli uomini di tutti
i giorni.
La fede avere
di tutti, dire
parole, fare
cose che poi ciascuno intende, e sono,
come il vino ed il pane,
come i bimbi e le donne,
valori
di tutti. Ma un cantuccio,
ahimé, lasciavo al desiderio, azzurro
spiraglio,
per contemplarmi da quello, godere
l’alta gioia ottenuta
di non esser più io,
d’essere questo soltanto: fra gli uomini
un uomo.
Nato d’oscure
vicende,
poco fu il desiderio, appena un breve
sospiro. Lo ritrovo
– eco perduta
di giovinezza – per le vie del Borgo
mutate
più che mutato non sia io. Sui muri
dell’alte case,
sugli uomini e i lavori, su ogni cosa,
è sceso il velo che avvolge le cose
finite.

Città vecchia

(da Trieste e una donna, 1910-12)
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.